Lo psichiatra e ricercatore Tonino Cantelmi 10 anni fa ha scritto un saggio dal titolo Tecnoliquidità che oggi giorno risulta essere più attuale che mai. La tecnoliquidità è la nuova dimensione in cui l’uomo vive e a cui l’uomo deve adattarsi e per Cantelmi questa è la più grande rivoluzione, il più grande cambiamento che l’uomo deve e dovrà affrontare dalla creazione della scrittura, ovvero, nel passaggio dalla preistoria, alla storia.
Adesso stiamo affrontando quello che è un cambiamento antropologico paragonabile all’impatto che ebbe la scrittura sulla vita dell’essere umano. Scrive Cantelmi: “Una rivoluzione tale può vantare un solo precedente storico, ovvero l’invenzione della scrittura, anch’essa in grado di innescare una mutazione antropologica dalla portata confrontabile a quella attuale”.
Per lo psichiatra (il primo in Italia a studiare in Italia la tecnodipendenza e l’impatto della tecnologia sulla mente umana): “ la scrittura è una tecnologia della mente. L’invenzione della scrittura, in altre parole si differenziò da tutte le invenzioni precedenti,, perchè fu l’unica in grado di modificare radicalmente i meccanismi di funzionamento del pensiero della stessa umanità che l’aveva messa a punto. “
Al giorno d’oggi per lo psichiatra e ricercatore: “la rivoluzione digitale viene nuovamente a stravolgere le condizioni di accesso alle informazioni attraverso una nuova tecnologia della mente, determinata da nuove forme di scrittura che da processo lineare si sta evolvendo in processo elettronico, ipertestuale, interattivo e e sociale. La tecnologia digitale è caratterizza da una modalità sincronica che si sostituisce a una modalità diacronica, per cui non si accede più alla conoscenza solo e prevalentemente seguendo un percorso che abbia un ordine di lettura univoco e lineare con un principio e una fine e un significato stabiliti a priori, ma si sceglie di volta in volta, in tempo reale, l’ordine di accesso e il livello di approfondimento delle informazioni consultate.”
Già Marshall Mc Luhan più di quarant’anni addietro si era accorto di tale e sconvolgente mutazione antropologica. Nell’illuminante e profetico saggio Il Villaggio Globale scriveva che la società occidentale, dallo sviluppo dell’alfabeto fonetico fino all’invenzione della macchina da stampa di Guthenberg è stata plasmata dalle tecnologie che ha sviluppato ed utilizzato nella sua storia; queste tecnologie hanno enfatizzato eccessivamente l’uso dell’emisfero sinistro che ha predominato, escludendo l’emisfero destro.
Per Mc Luhan l’arrivo dell’era dell’informazione istantanea, l’era dell’elettricità ha cambiato tutto. Nell’era dell’elettricità le tecnologie dell’informazione scaraventano l’uomo in un universo di simultaneità, dove predomina la dimensione acustica e sincronica, non più visiva e diacronica, perciò abbiamo bisogno di ripensare il nostro approccio alla conoscenza, alla comprensione della realtà e sopratutto dobbiamo ponderare quanto questa mutazione sia positiva per i giovani e calibrare bene l’uso di queste nuove tecnologie che modificano il nostro cervello, o meglio, come usiamo il nostro cervello, per far si che le tecnologie non creino troppi danni ai nostri ragazzi.
Ed infatti, come profeticamente aveva scritto Mc Luhan, questo è ciò che sta succedendo, a noi e sopratutto ai nostri figli: i nostri cervelli si stanno adattando a questo nuovo universo, ad una nuova realtà, in quanto come sempre osservava Mc Luhan “ le tecnologie, sono metafore, sono una forma di linguaggio, per Mc Luhan: “i nostri artefatti sono parole. Tutte queste cose sono l’estrinsecazione e il pronunciamento dell’uomo” grazie alle quali leggiamo, interpretiamo la realtà; le quali determinano, perciò, mutamenti profondi nell’essere umano, nella sua percezione del mondo, nell’uso stesso dei sensi, o meglio, nell’uso degli emisferi deputati alla regolazione sensoriale e percettiva dell’essere umano.”
Quindi le nuove generazioni, e più di tutti i famosi nativi digitali stanno subendo una vera e propria mutazione antropologica. Scrive Cantelmi a proposito: “Dal punto di vista cognitivo, le loro modalità di apprendimento sono più percettive e meno simboliche e le abilità visto-motorie, allenate dai videogame, eccezionali. Dal punto di vista personale e relazionale, tuttavia, la continua immersione digitale renderà difficile raggiungere la dimensione della separatezza e dell’autonomia, data l’abitudine alla condivisone estrema di pensieri, parole, emozioni.”
Ciò ovviamente lo abbiamo sotto i nostri occhi: i nostri figli fanno fatica a relazionarsi con gli altri, fanno fatica a costruire e sviluppare il proprio sè e fanno fatica a sviluppare competenze sociali come altruismo ed empatia, inoltre soffrono spesso d’ansia, depressione e disturbi provocati ed incentivati dall’abuso tecnologico che può portare allo sviluppo di diverse e pericolose dipendenze come la dipendenza da cybersesso, da gioco d’azzardo online, dipendenza da video game o da social network ed altri disturbi come la FOMO, la Nomofobia, la Information Overload (dipendenza da ricerca di informazioni) e le tecnologie digitali possono aumentare il senso di depressione ed altri disturbi psicologici già presenti nella persona.
Domanda: siamo sicuri che i nostri figli debbano essere dei nativi digitali? Qualcuno obbliga i nostri figli a nascere con tablet, computer e smartphone nelle mani? Non sarebbe meglio riconsiderare, alla luce di ciò che ormai si sa ed è scientificamente comprovato, l’approccio alle tecnologie digitali, cosicchè i nostri figli possano, prima di essere gettati dentro a questa tecnologia della mente che stravolge “neuroplasticamente” il nostro cervello, avere il tempo di sviluppare il pensiero diacronico che tanto ha dato alla nostra civiltà?
Forse sarebbe meglio che vengano gettati solo più tardi, da adulti, in questo universo multimediale, sincronico e simultaneo che così tanto impatta sull’essere umano e sulla sua psiche?
Francesco Centineo
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