Da dove nasce l’idea del libro “Online Love”?
“Online Love” nasce da una terapia. Io e Paola Polidoro, che abbiamo scritto insieme questo piccolo manuale di sopravvivenza, ci siamo incontrati quando, alla fine di una relazione, lei si è resa conto che la sua sofferenza stava andando oltre. Abbiamo avuto da subito un dialogo incentrato sui temi dell’amore, e quando lei ha aperto un sito per raccontare gli archetipi femminili con gli occhi di una donna di oggi alle prese con l’Amore (www.learchetipe.it) abbiamo pensato di unire la sua visione dell’Oggi con la mia nella stessa forma dei nostri incontri: un dialogo aperto, ironico, in cui tentiamo di capire se la relazione tecnomediata, che oggi è il modello vincente, possa essere comunque una relazione sana e soddisfacente.
Per molti l’Amore è il termine primo e ultimo della nostra esistenza. Come è cambiato nell’era digitale?
L’Amore e le fasi dell’amore, dall’innamoramento alla conclusione di una relazione, non sono cambiati. Sono però cambiati i modi, i tempi, le parole… Persino le emozioni si sono modificate, amplificate dalla cassa di risonanza dei social, che velocizzano gli incontri e spesso favoriscono il cortocircuito sessuale ma non l’evoluzione di una conoscenza in relazione. “Online Love” non demonizza il digitale, anzi: nessuno vuole rinunciare alla potenza, al fascino e all’utilità della rivoluzione digitale. Il nostro libro vuole “solo” (obiettivo non da poco) riportare l’attenzione sull’incontro umano, che rischia di perdersi senza che ce ne accorgiamo. In parte, si è già perso. La scommessa su cui lavorare e riflettere è mettere insieme l’utile del digitale e il bello dell’incontro umano, e il tema di questo libro è proprio questa scommessa.
Quali consigli dare ai giovani non solo per non farsi del male ma soprattutto per farsi del bene anche grazie agli incontri on line?
I social hanno esaltato alcune caratteristiche dell’uomo “liquido”: il narcisismo, la velocità, l’ambiguità, la ricerca di emozioni e il bisogno di infinite relazioni light. Questo è il rischio vero che corrono i nativi digitali che, al netto della caterva di contatti sui social, vivono in un’epoca in cui dobbiamo fare i conti con l’esasperazione della solitudine esistenziale dell’individuo. Ciò non toglie che la tecnomediazione, ovvero la mediazione della tecnologia nei rapporti, sia utile: l’abbiamo particolarmente apprezzata in pandemia, ma anche nella normalità può facilitare tutti, e penso anche ai più timidi, nell’approccio con l’altro e nel raccontarsi. L’importante è che tutto questo sia un preliminare per favorire l’incontro umano, che deve rimanere il modello sano di relazione, quello a cui ambire per realizzarci come esseri umani.
di Giorgio Gibertini
Fonte: ilcentuplo.it