Fonte: Orizzontescuola dell’11/12/2019 – Il cyberbullismo è un fenomeno sociale complesso e nei prossimi anni sarà sempre più diffuso se consideriamo che – secondo i dati dell’indagine sul cyberbullismo e sull’utilizzo dei social, curata per il Moige dal Prof. Tonino Cantelmi dell’Università Europea di Roma – la generazione di ragazzi tra gli 8 e i 18 anni è super tecnologica e iperconnessa: l’81% afferma che tutti i dispositivi presenti a casa sono connessi ad internet e l’intero totale degli intervistati controlla i propri profili social online. Per rafforzare la lotta al fenomeno, la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha approvato lo stanziamento di fondi per la formazione degli insegnanti in materia di bullismo, cyberbullismo e discriminazioni di genere.
Manovra 2020: approvato all’unanimità in Commissione Bilancio un emendamento che stanzia i fondi per la formazione degli insegnanti in materia di bullismo, cyberbullismo e discriminazioni di genere.
Perché tanto è stato fatto e tanto ancora deve essere fatto.
“È un successo del Parlamento – afferma Licia Ronzulli presidente della Commissione per l’infanzia e l’adolescenza e prima firmataria dell’emendamento – dal momento che l’emendamento è stato sottoscritto da tutti i gruppi ed approvato all’unanimità in commissione bilancio, ma in particolare della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza che ha proposto la misura. Si tratta di un primo fondamentale tassello nell’ottica di un `welfare per l’infanzia´ a tutela dei diritti dei minori“.
“Si tratta di un primo passo avanti che ci incoraggia a proseguire in questa battaglia quotidiana per la tutela dei minori, battaglia che il Moige conduce da anni nelle scuole e nelle piazze delle nostre città formando e sensibilizzando i nostri ragazzi a conoscere e prevenire i cyber-risk e all’uso consapevole delle nuove tecnologie“. Dichiara Antonio Affinita, Direttore generale del Moige – Movimento Italiano Genitori.
Un fenomeno che nei prossimi anni sarà sempre più diffuso se consideriamo che – secondo i dati dell’indagine sul cyberbullismo e sull’utilizzo dei social, curata per il Moige dal Prof. Tonino Cantelmi dell’Università Europea di Roma – la generazione di ragazzi tra gli 8 e i 18 anni è super tecnologica e iperconnessa: l’81% afferma che tutti i dispositivi presenti a casa sono connessi ad internet e l’intero totale degli intervistati controlla i propri profili social online.
I ragazzi sono connessi su più social contemporaneamente, fino ad arrivare anche a 5, i più utilizzati sono: Instagram 77,4%, Youtube 62,3%, Snapchat 35,7% e, in netto declino rispetto agli anni precedenti, Facebook 33,9%.
Inoltre, circa il 21% del campione abitualmente gira video con il proprio smartphone e li diffonde tramite i social. E il 31% del campione ha dichiarato di essere stato un “cyberbullo”, facendo girare video imbarazzanti per prendere in giro i compagni, mentre 1 ragazzo su 2 condivide immagini personali. Un dato allarmante soprattutto se pensiamo al fenomeno del sexsting.
Emerge, infine, un basso controllo sulla vita online dei ragazzi: il 63% del campione esplora il web in solitudine, nella propria stanzetta o in giro per casa.
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Combattere il cyberbullismo, non facciamo abbastanza: ecco le nuove azioni
Fonte: Agenda Digitale del 12/12/2019
Il cyberbullismo è un fenomeno vasto e complesso, che tra le sue vittime non conta solo minori, come si è portati a credere. Ci sono proposte di legge e indagini del Parlamento per rafforzare la lotta al fenomeno, oltre le attuali misure già in atto
Di Riccardo Acciai
Garante per la protezione dei dati personali Dipartimento libertà di manifestazione del pensiero e cyberbullismo
Si sono appena conclusi i lavori della Commissione parlamentare di indagine sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e dal rapporto emergono le nuove azioni necessarie da fare per combatterlo. Sul profilo della prevenzione, repressione del fenomeno e protezione delle vittime. Al tempo stesso, arrivano proposte di legge per aggiornare la normativa in materia.
Molto si sta muovendo in questo ambito, quindi, dove al Garante Privacy è stato affidato un ruolo critico.
Ma in generale per affrontare e risolvere un fenomeno problematico e complesso come il cyberbullismo occorre conoscerne i contorni precisi e i numeri aggiornati, così da poter prendere delle decisioni non tanto sulla spinta dell’onda emotiva suscitata dai sempre più frequenti episodi di abusi, quanto su una solida base di informazioni.
Definizioni di cyberbullismo
Non a caso, quando si affronta il tema del cyberbullismo, il primo passo che si fa è tradizionalmente quello di circoscrivere con esattezza il fenomeno: ne è prova il fatto che quasi tutti gli studi in materia sono preceduti dal tentativo di fornirne una definizione.
Si passa dalle ovviamente sintetiche indicazioni fornite dai più aggiornati dizionari della lingua italiana, che si limitano a considerare il fenomeno quale estensione on-line del più noto bullismo[2], alle più ampie indicazioni fornite da vari soggetti istituzionali ed enti di ricerca.
Così, ad esempio, fra gli psicologi è abbastanza consolidata l’idea che il cyberbullismo sia “una nuova forma di devianza giovanile, basata sull’utilizzo di internet o del cellulare come armi di violenza o di offesa tra i pari”, con caratteristiche proprie che lo differenziano dal bullismo tradizionale, tra le quali, in particolare, l’intenzionalità, la ripetitività e lo squilibrio di potere, oltre a – da ultimo – l’anonimato e la diffusione pubblica delle informazioni[3].
Per l’UNESCO – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – uno studente è vittima di bullismo quando subisce, in maniera intenzionale e ripetuta nel tempo, comportamenti aggressivi mirati a provocargli danni e sofferenze, fisicamente o psicologicamente, attraverso contatti fisici inopportuni, violenza verbale, aggressioni o manipolazione psicologica[4].
Secondo il nostro Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, “il cyberbullismo definisce un insieme di azioni aggressive e intenzionali, di una singola persona o di un gruppo, realizzate mediante strumenti elettronici (sms, mms, foto, video, email, chat rooms, istant messaging, siti web, telefonate), il cui obiettivo e quello di provocare danni ad un coetaneo incapace di difendersi”[5].
Infine, per l’Istat, il cyberbullismo consiste “nell’invio di messaggi offensivi, insulti o foto umilianti tramite sms, e-mail, diffuse in chat o sui social network, allo scopo di molestare una persona per un periodo più o meno lungo”. Secondo l’Ente statistico nazionale, “un aspetto che differenzia il cyberbullismo dal bullismo tradizionale consiste nella natura indiretta delle prepotenze attuate in rete: non c’è un contatto faccia a faccia tra vittima e aggressore nel momento in cui gli oltraggi vengono compiuti”[6].
Rispetto a queste definizioni, la legge 29 maggio 2017, n. 71 rubrica come cyberbullismo “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Tale definizione evidenzia immediatamente l’ampiezza dell’approccio che il legislatore ha inteso adottare nei confronti di tale fenomeno, ampiezza che si sostanzia sia attraverso il tentativo di coinvolgere tutte le possibili manifestazioni di “sopruso” online (anche potenziali, quali ad es. quelle che si potrebbero commettere con il furto d’identità), sia evitando il riferimento a termini, che pure in un oggettivo inquadramento del fatto avrebbero una loro assoluta rilevanza. Ad esempio, non si fa cenno alla “ripetitività” dell’azione, circostanza che può spiegarsi tanto con una lettura orientata alle caratteristiche della comunicazione virtuale, per cui, in linea con quanto sostenuto dall’Istat[7], la persistenza nel tempo ha un ruolo meno rilevante, dato che anche una singola offesa divulgata a molte persone attraverso Internet o telefoni cellulari può arrecare danno alla vittima, potendo raggiungere una platea ampia di persone contemporaneamente ed essere rimbalzata dall’uno all’altro ipoteticamente in modo illimitato, ampliando notevolmente la gravità e la natura dell’attacco. Oppure, potrebbe essere spiegata – aspetto su cui si tornerà più avanti – con l’intenzione di affrontare il fenomeno in modo assolutamente tempestivo, al primo manifestarsi delle sue avvisaglie, senza cioè attendere il ripetersi degli eventi destabilizzanti.
Il cyberbullismo non colpisce solo i minori
Pur in questa lettura molto ampia, però, la legge, in linea con quanto testimoniato sin qui dall’elaborazione scientifica del fenomeno, circoscrive il proprio ambito di azione nei confronti delle offese perpetrate in danno di minori.
Tale limitazione, pur senz’altro comprensibile e giustificata, inizia a mostrare alcune controindicazioni evidenziate, da ultimo, da due proposte di legge in discussione e recentemente accorpate per sostanziale identità della materia, che tendono ad ampliare la tutela per i casi di bullismo (di cui quelli commessi con strumenti informatici e telematici costituiscono una sostanziale aggravante). La proposta di legge Meloni ed altri[8], ad es. parte proprio dalla triste vicenda del pensionato di Manduria, sottoposto – oltre che a violenze fisiche – ad atti di denigrazione ed umiliazione poi diffusi online, per giungere alla considerazione che “purtroppo, il tempo ha dimostrato come la scuola non sia l’unico luogo nel quale si verificano atti o situazioni di bullismo, ma che questi si verificano anche all’interno di tutti gli altri luoghi di aggregazione sociale frequentati da bambini e adolescenti, e come non sempre le vittime siano bambini o adolescenti”[9], tanto da proporre un’estensione della tutela penalistica a tale genere di atti indipendentemente dalla minore età della vittima, circostanza questa che, al pari della disabilità, costituisce una mera aggravante del reato[10].
La reale estensione del fenomeno
La mancanza di un’univoca definizione del fenomeno ha evidentemente effetti anche nella verifica della sua consistenza. In pochi ambiti come questo, infatti, i dati diffusi – e sempre divulgati con particolare enfasi dai media – sembrano lontani dal poter fornire un quadro sufficientemente chiaro.
I numeri probabilmente più attendibili, in quanto provenienti dall’Ente nazionale di statistica, seppur relativi agli esiti di un’indagine campionaria, rimangono quelli diffusi nel 2015 con riguardo all’anno precedente. Secondo tale rilevazione, poco più del 50% degli 11-17enni nei dodici mesi precedenti ha subìto qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze[11]; il “19,8% è vittima assidua di una delle ‘tipiche’ azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese”, mentre le azioni vessatorie tipiche del cyberbullismo tramite sms, e-mail, chat o sui social network riguarderebbero il 5,9% dei ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet[12].
A questi dati si sono susseguiti nel corso degli anni ulteriori rilasci informativi che, però, non aiutano a quantificare correttamente il fenomeno. Mentre il Ministro dell’istruzione, nel corso dell’audizione parlamentare tenutasi innanzi la Commissione sull’indagine conoscitiva su bullismo e cyberbullismo[13], ha sostanzialmente confermato il dato Istat sopra riportato, comunicando che “il 6% dei ragazzi dai 9 ai 17 anni sono stati vittime di cyberbullismo nell’ultimo anno” [14], Telefono azzurro ha riferito che, in base ad una ricerca effettuata con Doxa Kids[15] “il bullismo è [il] rischio maggiore sul web percepito dal 22% dei ragazzi intervistati” e che, fra coloro che hanno chiesto aiuto all’Associazione nel 2018, il 43% ha lamentato problemi legati al cyberbullismo (+10% rispetto al 2017)[16].
La Polizia postale ha poi riferito che, ogni due vittime di violenze via internet, una sarebbe riferibile ad azioni tipiche di cyberbullismo, fornendo il numero dei casi concreti pari a 358 nel 2017, 388 nel 2018, 269 fino alla metà di settembre 2019[17].
Secondo poi una ricerca di ReputationUP, sarebbe vittima di cyberbullismo addirittura un adolescente su due[18], mentre, sotto altro profilo, i dati dell’indagine sul cyberbullismo e sull’utilizzo dei social, coordinata da Tonino Cantelmi dell’Università Europea di Roma, con un campione di ricerca costituito da 2.778 ragazzi dagli 8 ai 18 anni, evidenzierebbe che il 31% ha dichiarato di essere stato un “cyberbullo”, facendo girare video imbarazzanti per prendere in giro i compagni[19].
Le linee di azione e il ruolo del Garante Privacy nel Garante Privacy
Anche partendo da tali difficoltà il legislatore del 2017 ha correttamente e con lungimiranza individuato le linee di azione per affrontare il fenomeno del cyberbullismo:
- definizione e quantificazione del fenomeno;
- coordinamento fra le varie istituzioni pubbliche e private coinvolte al fine di sfruttare sinergicamente le rispettive risorse ed elaborare efficaci azioni di educazione, formazione e prevenzione[20];
- previsione di misure rapide ed efficaci per intervenire.
Tra queste ultime, com’è noto vi sono quelle affidate al Garante per la protezione dei dati personali che, pur avendo un ruolo centrale nell’architettura della legge, sono rimaste un po’ sullo sfondo nel primo periodo di applicazione[21].
Secondo l’art. 2 della legge n. 71/2017, ciascun minore ultraquattordicenne, infatti, nonché ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito un atto riconducibile alla definizione di cyberbullismo data dalla legge, può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso in internet, previa conservazione dei dati originali. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell’istanza, il soggetto responsabile non abbia comunicato di avere assunto l’incarico di provvedere all’oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media, l’interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante, il quale “entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi degli articoli 143 e 144 del citato decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
Si tratta di un procedimento del tutto analogo – anche nelle fasi di sua proposizione – a quello stabilito per l’esercizio dei diritti degli interessati di cui agli artt. 15-22 del GDPR e, d’altra parte, oggetto dell’istanza è sostanzialmente una richiesta di rimozione o cancellazione del contenuto ritenuto lesivo.
Il vantaggio di tale procedura è piuttosto evidente: consente al minore di agire direttamente, superando le difficoltà psicologiche a volte insite nel rivolgersi ai genitori o alle istituzioni scolastiche e, soprattutto, consente un’immediata risoluzione del problema.
Le informazioni diffuse dal Garante nella sua ultima Relazione annuale[22] testimoniano infatti un soddisfacente funzionamento del meccanismo individuato dalla legge, tenuto conto che i casi segnalati sono stati definiti prevalentemente con la rimozione dei contenuti oggetto di doglianza e che, comunque, la segnalazione inviata dal minore ha consentito, in alcuni casi particolari, di indirizzare quest’ultimo verso la soluzione più opportuna[23].
Al netto di alcune questioni interpretative, che a breve dovranno essere necessariamente affrontate, l’entrata in vigore del GDPR, indirettamente, rafforza tale quadro di tutela, perché estende i poteri dell’Autorità italiana mediante il meccanismo di cooperazione previsto dagli artt. 60-62 e si giova dell’intera “forza di attrazione” che il Regolamento svolge nei confronti dei Paesi extra UE, a partire dall’obbligo previsto dall’art. 27 che impone al titolare che non sia stabilito nell’Unione ma le cui attività di trattamento riguardino: a) l’offerta di beni o la prestazione di servizi ad interessati nell’Unione, o b) il monitoraggio del loro comportamento effettuato all’interno dell’Unione, di nominare un responsabile che funga da interlocutore degli interessati e delle autorità di protezione dati[24].
Accanto a tale strumento rimane evidentemente la possibilità per la persona che si ritenga lesa da uno o più atti di cyberbullismo di rivolgersi alla polizia postale, ma anche in questo caso l’epilogo previsto dalla legge non è penalistico (a meno che sia stata proposta querela o denuncia per le condotte configurabili come reati) e tiene conto della possibile minore età dell’offensore, tant’è che gli effetti dell’ammonimento del Questore, ossia della specifica sanzione stabilita in tali casi, cessano al compimento della maggiore età.
Parte di questo approccio viene ora messa in discussione dalle già richiamate proposte di legge; in particolare, secondo i firmatari dell’A.C. n. 1524, in materia di “prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori”[25], la tutela predisposta dalla legge, n. 71/2017 “non appare sufficiente, in quanto è stata introdotta una disciplina finalizzata alla prevenzione del solo fenomeno del cyberbullismo in ambito scolastico e per la tutela delle sole vittime minorenni, senza però incidere sul profilo penalistico”. Deriva da ciò la necessità di apportare modifiche al primo comma dell’articolo 612-bis del codice penale, per comprendervi espressamente tutte le condotte attraverso le quali il bullismo può concretamente estrinsecarsi, così che sia possibile perseguire gli atti di cyberbullismo mediante il vigente secondo comma del medesimo articolo 612-bis, che consente di qualificare il cyberbullismo come forma aggravata del bullismo.
Inoltre, all’art. 3 di tale proposta di legge si prevede di apportare alcune modifiche alla legge n. 71/2017, prevedendo che il dirigente scolastico, venuto a conoscenza “in qualsiasi modo” di atti di bullismo e di cyberbullismo commessi da studenti iscritti al proprio istituto scolastico, informi tempestivamente i genitori dei minorenni coinvolti o i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale su di essi e attivi adeguate azioni di carattere educativo. Al contempo, si pone a carico del dirigente scolastico l’obbligo di trasmettere tempestivamente la segnalazione alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni anche per l’adozione delle misure di cui all’articolo 25 del regio decreto-legge n. 1404 del 1934 (affidamento del minore al servizio sociale minorile; ovvero, collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico).
In tale nuova prospettiva, si prevede, inoltre, di abrogare l’articolo 7 della stessa legge, in materia di ammonimento del questore, in quanto quest’ultimo strumento, “sinora utilizzato comunque in rarissimi casi, non si addice alla nuova prospettiva della presente proposta di legge che individua anzitutto nel tribunale per i minorenni l’ambiente ideale per valutare il percorso educativo adatto per il singolo minorenne.”[26].
Qualche riflessione in prospettiva
Sono recentemente terminati i lavori della Commissione parlamentare di indagine sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, la quale, dopo aver sentito in audizione numerosi rappresentanti istituzionali e della società civile, ha approvato un documento conclusivo[27]. Quest’ultimo, partendo da un giudizio complessivo molto positivo della legge n. 71/2017, individua alcune linee di azione per il futuro.
Centrale continua ad essere, secondo la Commissione, l’attività di prevenzione. Ben vengano, dunque, le numerose campagne di informazione e sensibilizzazione avviate da soggetti pubblici e privati in questi anni e grandi risultati potrebbero conseguire specifiche azioni di marketing, che utilizzino la pubblicità anche per sensibilizzare gli utenti sulle insidie nascoste nell’euforico approcciarsi ad Internet ed alle nuove tecnologie. Un ruolo determinante nella prevenzione del fenomeno, poi, è svolto dalle attività di formazione e di educazione ad un corretto uso della rete e alla sensibilizzazione sui rischi connessi alla navigazione in internet specificamente rivolte non solo ai ragazzi, ma anche ai loro genitori. E, infine, proprio per il ruolo centrale loro affidato dalla legge, importantissima rimane l’attività di formazione dei docenti.
Una seconda linea di azione viene individuata nella protezione delle vittime e, quindi, vengono ritenuti assai preziosi gli “sportelli” fisici e virtuali che consentono a queste di segnalare il proprio caso e, sostanzialmente, di “chiedere aiuto”. Ma altrettanto utili appaiono le soluzioni che la tecnologia mette a disposizione, prime fra tutte le funzioni di “parental control” e di protezione diretta sui device, nonché i più recenti meccanismi di filtro e di temporizzazione dell’utilizzo, già realizzati dalle compagnie telefoniche ma sinora offerti solo a titolo oneroso ai clienti interessati e scarsamente pubblicizzati.
Sotto il terzo profilo, quello della repressione, riconosciute le difficoltà che il cyberspazio può creare nel perseguire le condotte criminali, sia sotto il profilo dell’anonimato[28] che sotto quello della dislocazione extraeuropea dei grandi protagonisti di Internet, la Commissione conviene con la maggior parte dei soggetti auditi sul fatto che non occorrono nuove fattispecie di reato e che “sarebbe piuttosto preferibile verificare l’opportunità di introdurre specifiche aggravanti per i reati già contemplati, i quali sanzionano le varie condotte di bullismo compiuto attraverso il web”[29].
Molte delle considerazioni conclusive della Commissione si rinvengono nelle due proposte di legge dianzi citate e, pertanto sarà senz’altro interessante seguirne l’iter parlamentare. D’altra parte, però, le stesse conclusioni terminano evidenziando uno degli elementi su cui si è voluto insistere nelle pagine iniziali di questo contributo, ossia l’assenza di una corretta ed univoca rilevazione dei dati, che viene correttamente ritenuta fondamentale “per una piena comprensione del fenomeno e l’individuazione di efficaci strumenti di contrasto”[30].
Pertanto, forse, piuttosto che continuare a cambiare gli scenari di riferimento, magari sulla spinta emotiva del momento, sarebbe bene concentrare le risorse a disposizione per avviare, prima di tutto, una approfondita rilevazione di dati[31] che consenta di effettuare le scelte necessarie con una solida base di riferimento.
Tale attività potrebbe essere senz’altro avviata dal Tavolo tecnico istituito dall’art. 3 della legge n. 71/2017, che ha tra i propri compiti specifici quello di realizzare “un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni” e, ad essa, potrebbero utilmente affiancarsi stabili rilevazioni statistiche quali quelle indicate dal Presidente dell’Istat nel corso della propria audizione innanzi alla Commissione parlamentare citata[32].
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1 L’articolo riassume alcuni dei temi trattati in occasione del Convegno “GDPR e minori: un valido contributo per contrastare il fenomeno del cyberbullismo”, svoltosi a Firenze il 24 ottobre 2019. L’Autore è direttore del Dipartimento Libertà di manifestazione del pensiero e cyberbullismo del Garante per la protezione dei dai personali e le opinioni espresse sono frutto di valutazioni personali che non impegnano in alcun modo l’Autorità di appartenenza. ↑
2 V. ad es. il Dizionario Treccani, che del cyberbullismo fornisce la seguente definizione: “bullismo virtuale, compiuto mediante la rete telematica”. ↑
3 Cfr., ad es., S. Mariagrazia, voce: “Cyberbullismo”, in Dizionario di Psicologia, in https://www.psicologi-italiani.it /dizionario-di-psicologia/c/cyberbullismo.html. ↑
4 Questa la definizione che si ricava dalla lettura del rapporto UNESCO, School Violence and Bullying: global status report, Paris, 2017, rinvenibile all’indirizzo https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000246970. ↑
5 Cfr. https://www.miur.gov.it/bullismo-e-cyberbullismo. ↑
6 Cfr. Istat, Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi – Anno 2014, Report Statistiche 2015, rinvenibile all’indirizzo https://www.istat.it/it/files/2015/12/Bullismo.pdf. ↑
7 Cfr. Istat, Il bullismo in Italia, cit. ↑
8 XVIII Legislatura, Atto Camera n. 1834, presentato il 7.5.2019, “Introduzione dell’articolo 612-ter del codice penale, concernente il delitto di bullismo”, in http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.1834. 18PDL0059370.pdf, accorpato all’Atto Camera n. 1524, Proposta di legge d’iniziativa dei deputati Dori ed altri, presentata il 23.1.2019, “Modifiche al codice penale, alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori”. ↑
9 XVIII Legislatura, Atto Camera n. 1834, cit., p. 2. ↑
10 La proposta di legge prevede l’inserimento nel codice penale dell’art. art. 612-ter. – (Bullismo), con la seguente formulazione: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, mediante violenza, minaccia o atti ingiuriosi o diffamatori, o comunque mediante ogni altro atto idoneo a intimidire taluno, pone una persona in stato di grave soggezione psicologica tale da escluderla dal contesto sociale. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso da due o più persone riunite o a danno di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”. ↑
11 Dato sostanzialmente confermato dal Censis che, nel suo 50° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, ha evidenziato che il 52,7% degli 11-17enni nel corso dell’anno avrebbe subito “comportamenti offensivi, non riguardosi o violenti da parte dei coetanei”(v. Censis, 50° Rapporto sulla situazione sociale del Paese-2016, Roma, FrancoAngeli, 2016, 588pp.; cfr. al riguardo il comunicato stampa del 2.12.2016, in http://www.censis.it/formazione/il-capitolo-«processi-formativi»-del-50°-rapporto-censis-sulla-situazione-sociale-del-paese2016). ↑
12 Cfr. Istat, Il bullismo in Italia, cit. ↑
13 Sulla quale, più diffusamente, v. infra, par. 4. ↑
14 Per il testo integrale dell’intervento, v. https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Intervento+audizione +bullismo.pdf/fa606e9f-89c7-ce00-356a-c2ae530484b1?version=1.0&t=1563892368175. ↑
15 Telefono Azzurro, Spett-ATTORI del Web Indagine Telefono Azzurro – DoxaKids 2018, in https://www.azzurro.it/ sites/default/files/Doxa_Web_DEF.pdf. ↑
16 Ansa, 12.9.2019 – “Scuola: bullismo è rischio maggiore sul web per 22% ragazzi”. ↑
17 Agi. 16.9.2019 – “Cyberbullismo: Polizia Postale, vittima un minore su 2, fenomeno sale”. ↑
18 9colonne, 1.10.2019 – “Cyberbullismo: vittima 1 adolescente su 2”. ↑
19 Il testo della ricerca è disponibile nel sito web del Moige – Movimento Italiano Genitori, all’indirizzo http://www. moige.it/progetto/venduti-ai-minori. ↑
20 L’art. 3, comma 2, della legge n. 71/2017 istituisce infatti il “Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri del quale fanno parte le varie amministrazioni competenti, nonché “associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere, … operatori che forniscono servizi di social networking e … altri operatori della rete internet, una rappresentanza delle associazioni studentesche e dei genitori e una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo”, con il compito di redigere un “piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo”. ↑
21 Cfr. E. Micucci, Cyberbullismo, armi spuntate, in ItaliaOggi, 16.7.2019, p. 38, che quantifica in circa 100 i reclami pervenuti al Garante nel primo biennio di applicazione della legge n. 71/2017. ↑
22 Cfr. GPDP, Relazione per l’anno 2018, p. 103 (in https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Relazione+ annuale+2018.pdf/e5bc382b-c5e9-b41b-b0d8-882f0904e546?version=1.0 ). ↑
23 Secondo quanto affermato nella Relazione, a partire dall’entrata in vigore della legge n. 71, le istanze pervenute hanno riguardato in prevalenza la richiesta di rimozione di contenuti offensivi ai danni di minorenni, talvolta legati anche a immagini degli interessati, per la maggior parte riferite ai social network più noti, con i quali sono stati attivati specifici canali di comunicazione. Il Garante ha poi ricordato, sempre nella suddetta relazione, come un numero più limitato di segnalazioni abbia riguardato il furto di identità e la creazione di falsi profili nell’ambito dei medesimi social network. ↑
24 Tale rappresentante, che può essere incaricato dal titolare o dal responsabile del trattamento, deve essere stabilito in uno degli Stati membri in cui si trovano gli interessati. ↑
25 XVIII Legislatura, Atto Camera, n. 1524, cit. – v. nota n. 7. ↑
26 Ibidem ↑
27 La Commissione ha iniziato le audizioni il 3.2.2019 e ha terminato i lavori il giorno 29.10.2019 (per l’iter dei lavori v. http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/ProcANL/ProcANLscheda41201.htm) adottando un “Documento conclusivo” (Doc. XVII-bis, n. 1), rinvenibile all’indirizzo http://documenti.camera.it/leg18/resoconti/commissioni /bollettini/pdf/2019/10/29/leg.18. bol0263.data20191029.com36.pdf. ↑
28 L’indagine conoscitiva ha evidenziato l’importanza di contrastare l’uso anonimo della rete internet: molti utenti, infatti, nascondendosi dietro l’anonimato della rete e attraverso profili falsi, pongono in essere condotte aggressive, che, magari nella vita reale non commetterebbero. Viene pertanto ritenuta necessaria una maggiore responsabilizzazione di coloro che navigano sul web, anche attraverso il coinvolgimento degli operatori di rete. La Commissione ritiene quindi auspicabile una riforma della normativa volta a prevedere forme più stringenti di responsabilità per gli internet provider. ↑
29 Cfr. Commissione per l’infanzia e l’adolescenza, Documento conclusivo, cit., par. 7.3. ↑
30 Ivi, par. 8, ultimo periodo. ↑
31 La Commissione auspica che tale rilevazione possa essere portata avanti dall’Istituto nazionale di statistica in forma l’obbligatoria e periodica (con cadenza ad esempio biennale), ma anche che si possa promuovere l’istituzione di una banca dati nazionale, nella quale raccogliere, con regolarità, dati relativi al fenomeno, in questo modo corroborando la rilevazione campionaria anche con dati di carattere oggettivo. ↑
32 Il Presidente Blangiardo, in tale occasione, ha infatti riferito che l’Ente di statistica sta progettando una “nuova indagine su bambini e ragazzi” con l’obiettivo di acquisire “informazioni su alcune tematiche emergenti come quelle delle discriminazioni e del bullismo”. In particolare dovrebbe essere di grande interesse “la prospettiva adottata … con un’attenzione specifica al cyberbullismo … L’indagine coinvolgerà direttamente i ragazzi sotto i quattordici anni perché alcuni fenomeni interessano anche – e spesso soprattutto – gli adolescenti che frequentano le scuole medie …Nell’indagine verrà ascoltata, oltre a quella degli studenti, anche la voce dei dirigenti scolastici che rappresentano un osservatorio privilegiato sulla condizione giovanile” (v. Commissione per l’infanzia e l’adolescenza, Documento conclusivo, cit., par. 4.1.e.). ↑