Quello di oggi è un lunedì speciale: per molti italiani coincide il ritorno al lavoro, ma anche con l’inizio di una vita nuova, fatta di dieta (a lungo rinviata), attività fisica, corsi in palestra, screening o visite mediche, magari anche scelte professionali di rottura rispetto al passato. Ma perchè con l’inizio del nuovo anno cadiamo nella ‘trappola’ dei buoni propositi? E perché poi, dopo qualche tempo, la ‘febbre’ passa e finiamo regolarmente per abbandonarli?
“All’inizio dell’anno, come ogni anno, almeno un italiano su due compie il rito dei buoni propositi. Se da un lato questa faccenda dei buoni propositi esprime il bisogno di migliorare se stessi, dall’altro però, tranne rare eccezioni, questo rito è destinato al fallimento”, afferma a Fortune Italia Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta specializzato in neuro-sviluppo, professore di Psichiatria dell’Università Gregoriana di Roma.
Ma perchè nonostante programmi e progetti, i nostri buoni propositi finiscono per non reggere alla prova della quotidianità? Il fatto è che li facciamo “per esorcizzare i nostri sensi di inadeguatezza e non siamo pronti al cambiamento. Il cambiamento richiede un processo di consapevolezza interiore che non corrisponde al desiderio vago del buon proposito”, spiega Cantelmi.
Insomma, nonostante gli auspici e i desideri, non siamo davvero pronti ad affrontare l‘impegno che i buoni propositi comportano. Ma attenzione, dallo psichiatra arriva un’esortazione a non rinunciare.
“Facciamoli lo stesso: per qualche giorno ci daranno la sensazione di essere migliori e chissà che qualcosa di interiore non scatti in noi”, suggerisce lo psichiatra. Magari proprio quel clic che, per una volta, ci porterà davvero a migliorare il nostro lavoro, affrontare e risolvere piccoli problemi di salute, ritrovare la forma fisica e liberarci delle zavorre accumulate nel 2022.
Fonte: fortuneita.com