Come sviluppare un sano egoismo e vivere bene con se stessi e gli altri

“È essenziale imparare a comprendere più a fondo i propri stati emotivi e a trasformare le emozioni, anche negative, in un elemento di crescita. Amarsi più profondamente e più compiutamente è il primo passo per comprendere quali siano i bisogni prioritari nella propria vita e per evitare di scivolare nel servilismo frustrante, che prosciuga risorse ed energie”, aggiunge Emiliano Lambiase, psicologo e psicoterapeuta, coordinatore della Comunità terapeutica Sisifo per la cura delle dipendenze comportamentali di Tuscania (VT).

Fonte: lifegate.it del 15 aprile 2022

Il manuale fresco di stampa della life coach Michelle Elman offre alcuni spunti per focalizzare i lati positivi del sano egoismo.

  • sano egoismo è educazione alla consapevolezza di sé. E’ imparare a dire anche di no per evitare di cadere nella trappola dei ricatti affettivi e più in generale delle vessazioni altrui.
  • Per capire quali sono i limiti che non possono essere valicati è importante sviluppare l’autostima. Ma anche riconoscere le proprie emozioni ed elaborarle.
  • Anche la quotidianità migliora se si dedica il giusto spazio a se stessi, perché ricarica di energie che si potranno impiegare proficuamente in tutte le altre attività, impegni lavorativi e familiari compresi.

L’egoismo nella sua accezione più classica e scontata, ovvero come totale noncuranza per gli altri – l’amore “vizioso” per sé, come si legge in alcuni vocabolari-, non gode affatto di buona fama. Ma se a questo scarno termine se ne aggiunge un altro: “sano”, ecco che si apre uno scenario completamente diverso. L’egoismo “brutto” e “cattivo”, insano e socialmente riprovevole, sinonimo di scarsa o totale assenza di empatia, diventa invece una risorsa per imparare a gestire i propri e altrui limiti e spazi. In sostanza: si trasforma in un efficace strumento per riuscire a discernere con equilibrio cioè che è “buono” e “giusto” sia per noi che per gli altri. Il sano egoismo, infatti, è educazione alla consapevolezza di sé, allenamento a porre dei limiti (i famosi “paletti”) e a schivare l’insano, questo sì, altruismo che impedisce di dire di no alle richieste eccessive, che falsano i rapporti e lasciano senza risorse, emotive ma anche fisiche, vista la mole di lavoro e incombenze che comporta l’essere in balia delle esigenza altrui.

Lo scrive nero su bianco la life coach Michelle Elman nel suo manuale, fresco di stampa, La gioia di essere egoisti (Sperling & Kupfer, 17,90 euro), sottotitolo, “Perché stabilire dei confini ti salverà la vita”. Si tratta di una narrazione ricca di considerazioni e di consigli pratici su come tracciare e difendere il proprio spazio vitale e su come farlo rispettare agli altri, imparando strada facendo l’arte di dire di no senza sentirsi in colpa. Perché, come fa notare l’autrice, spesso si dilapidano tutte le energie per la cura degli altri, mentre ne andrebbero conservate anche per se stessi.
sano egoismo

Perché il sano egoismo fa rima con sano altruismo

Sono tanti, e validi, i motivi per i quali occorre sviluppare dosi per così dire omeopatiche di egoismo, vale a dire la capacità di porsi e di porre dei limiti. Il primo, e più immediato, è perché così facendo educhiamo gli altri su come trattarci, limitando i rischi di cadere nella trappola delle relazioni tossiche e imparando ad amare non solo noi stessi, ma anche gli altri nel modo più sincero, autentico e dunque gratificante possibile. E, naturalmente, il sano egoismo è anche e soprattutto un’educazione al rapporto di coppia, dove l’amore è il frutto di una scelta quotidiana, il più scevro possibile dai meccanismi della dipendenza affettiva. Un amore che non ha dunque bisogno di prevaricare o di far sentire in colpa l’altro.

“L’accusa di egoismo parte quasi sempre dalla frustrazione di un bisogno affettivo: quello di voler essere importante per l’altro, di essere il centro dei suoi pensieri, amato al punto da spingere il partner a ritenere i suoi bisogni secondari rispetto ai nostri. È una manipolazione affettiva di marca infantile, tipica delle persone dipendenti per le quali gli altri esistono solo in funzione delle proprie necessità e che per questo punta a suscitare sensi di colpa e ricatta emotivamente l’altro”, commenta Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta a indirizzo psicosomatico, che fa notare a tal proposito l’interessante tesi del filoso ed economista John Stuart Mill, uno dei massimi esponenti del liberismo inglese, secondo il quale: “L’egoismo è la base per una pratica altruistica, poiché la propria felicità include sempre, in misura più o meno ampia, la tendenza verso la felicità degli altri”.
Dedicare tempo a se stessi permette di trasferire il proprio benessere anche agli altri © iStock

“Attribuire importanza anche ai propri bisogni, rispettare i propri gusti e decidere con la propria testa prescindendo dal giudizio altrui è un segno di equilibrio e saggezza, non di egoismo”, rimarca la dottoressa Carloni. Che prosegue: “la società cerca di convincerci che se non rinunciamo a noi stessi per donarci agli altri, se non ci sacrifichiamo per i genitori, i figli, la patria, il prossimo, siamo degli egoisti. Ma il compenso a questo sacrificio è una sorta di gratificazione sterile e narcisistica, della serie: “Come sono buono io, come sono generoso! Non come il tale che pensa solo a se stesso….”. Il vero altruismo, invece, non ha bisogno di sacrifici perché si fonda sulla consapevolezza della legge dell’Uno, professata da molte religioni e filosofie: tutto è una sola cosa e ogni forma vivente, compresi noi stessi, non è che un riflesso dell’Uno. In questa prospettiva il concetto di egoismo o di altruismo perde di significato. Occupandoci di noi stessi, infatti, ci occupiamo anche degli altri e viceversa”.
Sviluppando l’autostima si sviluppa un egoismo “positivo”. E si vive più a lungo

In uno dei suoi podcast, Michelle Obama ha confessato che durante la prima ondata di coronavirus, e in pieno clima da #blacklivesmatter, il suo umore è crollato. “Mi sono dovuta arrendere a questo stato d’animo, smettendola di pretendere sempre il meglio da me stessa”, ha dichiarato l’ex first lady, dimostrando, così, di aver adottato i capisaldi di un “sano egoismo”: non pretendere sempre prestazioni performanti, ma sviluppare un amore incondizionato per se stesse, da coltivare anche e soprattutto durante le inevitabili e fisiologiche fasi “no” della vita. Un passo fondamentale non solo per combattere gli stati depressivi, ma anche per migliorare l’autostima, con tutte le ricadute che questo comporta sia nei rapporti interpersonali, che migliorano automaticamente, sia nell’aspettativa di vita. Sono numerose, infatti, le ricerche che affidano all’autostima la capacità di far vivere meglio e più a lungo.

“È essenziale imparare a comprendere più a fondo i propri stati emotivi e a trasformare le emozioni, anche negative, in un elemento di crescita. Amarsi più profondamente e più compiutamente è il primo passo per comprendere quali siano i bisogni prioritari nella propria vita e per evitare di scivolare nel servilismo frustrante, che prosciuga risorse ed energie”, aggiunge Emiliano Lambiase, psicologo e psicoterapeuta, coordinatore della Comunità terapeutica Sisifo per la cura delle dipendenze comportamentali di Tuscania (VT). Per non sentirsi in colpa, secondo lo psicologo basta ricordare che c’è una linea di demarcazione ben chiara che stabilisce quando l’egoismo è “positivo” o “negativo”: basta analizzare se la cura verso se stessi non toglie agli altri ciò che gli spetta (ad esempio, curo più me stesso che i miei figli), se non li danneggia (prendo per me ciò che è di altri) o li trascura (ignoro gli altri per pensare troppo a me stesso). “Trovare il punto di equilibrio tra cercare l’amore e farsi amare, tra amarsi e amare gli altri è quindi un compito fondamentale nel percorso di crescita, un obiettivo da perseguire con costanza. Perché la linea di demarcazione tra giusto e sbagliato, sano e insano, è flessibile e si sposta a seconda delle circostanze e delle prove imposte dalla vita”, puntualizza Lambiase.

Come far convivere felicemente altruismo ed egoismo

Gli esperti concordano che per non scivolare nell’altruismo tossico, quello che porta a non farsi rispettare e a subire di conseguenza vessazioni e frustrazioni, è importante accettare allo stesso modo le proprie luci e le proprie ombre, così da ricollocarle nella giusta prospettiva. Un buon supporto per centrare questo obiettivo sono le tecniche di auto-ascolto insegnate sia dalla Mindfulness, che tra l’altro professa l’accoglimento e la tolleranza delle emozioni per definizione (info: mindfulnessinterpersonale.com), sia dalla Mindfulness orientata alla compassione (da leggere: Mindful Compassion, di Paul Gilbert, Giovanni Fioriti Editore, 28 euro). “Queste discipline insegnano a integrare le emozioni negative nella nostra quotidianità, ma allo stesso tempo aiutano a stimolare sensazioni fisiche piacevoli di accoglienza e cura amorevole”, spiega Lambiase, che sul tema ha pubblicato: “Psicologia della compassione. Accogliere e affrontare le difficoltà della vita”, San Paolo (22 euro), scritto insieme allo psicoterapeuta Tonino Cantelmi. Tra l’altro queste tecniche di auto-osservazione insegnano a decodificare quelle emozioni negative che, secondo la psicosomatica, se non accolte ad oltranza alla fine si trasferiscono sul corpo scatenando reazioni o disturbi di varia natura.
Come sviluppare il sano egoismo in cinque punti

Un supporto arriva anche dalle medicine complementari, in particolare da Red Chestnut, l’estratto floreale che secondo Edward Bach è: “Il rimedio per coloro che trascurano se stessi e che sono spesso in ansia per i propri cari. Un altro fiore molto utile è Centaury, adatto in particolare per chi tende a soffrire di complessi di inferiorità e ha sempre difficoltà a dire di no agli altri”. Per ottenere i primi benefici occorrono 4 gocce sotto la lingua, 4 volte al giorno per almeno un paio di settimane”, consiglia la dottoressa Carloni, ricordando che uno degli strumenti più semplici e utili per coltivare la fiducia in se stessi e sviluppare una giusta dose di egoismo è scrivere un diario, perché aiuta a stemperare l’autocritica distruttiva a ad essere più obiettivi e amorevoli nei propri confronti. Meglio poi preferire la scrittura a mano, perché è un valido esercizio per conoscersi, per comprendere ed esternare, senza censure, le emozioni che si stanno vivendo. “La scrittura a mano aiuta a entrare in una relazione più profonda con se stessi perché dà meglio forma ai propri pensieri, aiutando a dipanarli, a rimetterli in ordine quando sono troppo aggrovigliati”, dice Carloni. Come dimostrato anche da diversi studi, infatti, scrivendo a mano si attiva un circuito neuronale che facilita il processo di apprendimento e di conoscenza, anche di sé. Sempre a mano, è molto utile stilare delle liste per focalizzare meglio anche il percorso che porta a coltivare un “sano egoismo”. Ecco un promemoria in cinque tappe suggerite dalla dottoressa Carloni.