Fonte: CrismerLaPignola – L’articolo proposto pone una riflessione sul ruolo genitoriale nell’epoca della rivoluzione tecnologica, in cui il dialogo e i rapporti tra genitori e figli hanno subito profonde trasformazioni. Come afferma lo psichiatra Cantelmi, i bambini e gli adolescenti di oggi hanno costruito comunità autoreferenziali di cui gli adulti non sanno nulla. L’adulto è sempre più privo di charme e di appeal; i nostri ragazzi credono poco negli adulti e molto più negli influencer.
“La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere” (Plutarco).
“Il fallimento di noi adulti”. Può sembrare una frase forte, purtroppo però è più che mai vera. Noi adulti, genitori ma anche i primi educatori dei nostri bambini, abbiamo perso l’autorevolezza necessaria per poter essere rispettati e ascoltati, visti cioè come dei modelli da seguire.In poco più di 20 anni il mondo è completamente cambiato. Dall’uscita sul mercato dei primi smartphone, abbiamo avuto una continua e costante evoluzione dei media digitali che pian piano sono entrati nelle nostre vite occupandone un posto importante, quasi indispensabile.Alle ceneri dei calcolatori, dei primi pc e delle prime consolle da gioco, siamo passati a strumenti apparentemente semplici da utilizzare, come lo smartphone, che ci hanno permesso di essere costantemente connessi a Internet e fare quasi ogni cosa.
Una rivoluzione tecnologica ma anche sociale, perché questo tipo di strumenti hanno cambiato le dinamiche della comunicazione arrivando a trasformare profondamente i modi con cui dialoghiamo e ci relazioniamo.Se un tempo (e non mi riferisco a molti anni fa) gli adulti erano dei punti fermi per le nuove generazioni, oggi non c’è più il rispetto per l’adulto.Man mano che gli smartphone si sono “evoluti”, grazie anche ad una rete internet sempre più disponibile e veloce, la nostra identità ha acquisito sempre più caratteri digitali, al punto che il concetto di ‘privacy’ è stato totalmente ribaltato. In un primo momento, reale e virtuale si confondevano e si ritenevano due aspetti distinti della nostra vita, ma oggi non ci sono dubbi sul fatto che coincidano, ovvero identità fisica e virtuale si sono ‘fuse’ in un unica realtà, quella digitale.
Genitori poco autorevoli: Risponde il Prof. Tonino Cantelmi
‘I nostri ragazzi credono poco negli adulti’A proposito di ‘identità digitale’ il Prof. Tonino Cantelmi, psichiatra e professore di Cyberpsicologia presso l’Università Europea di Roma in una intervista ha detto:“Occorre fare un gran lavoro perché questo è un mondo che va verso forme di crudeltà sempre più estreme. La crudeltà più dolorosa per i nostri adolescenti è l’umiliazione social, l’umiliazione in rete che è dolorosissima perché frantuma gran parte della costruzione dell’identità che oggi avviene attraverso il confronto dei social network necessariamente, e dunque bisogna fare un gran lavoro. Io direi che il lavoro migliore per la prevenzione è proprio quello di mettere insieme ai ragazzi consapevoli su questo tema con altri ragazzi, l’educazione tra pari sostanzialmente quella scelta dal ‘moige’ mi sembra la strada migliore.Soltanto un giovane può convincere un giovane, un ragazzo un altro ragazzo e un bimbo un altro bimbo.L’adulto è sempre più privo di charme e di appeal; i nostri ragazzi credono poco negli adulti e molto più gli influencer (giovani e influencer la ricerca sfrenata di coem fare soldi facili). Io prenderei dai migliori canali youtube, i migliori influencer che fanno un’opera di questo tipo.”
Per il video dell’Intervista completa, vai a questa pagina.
Siamo di fronte alla necessità di creare percorsi di rieducazione degli adulti, ma allo stesso tempo rimane fondamentale lavorare sui bambini, affinché possano essere futuri adulti e genitori consapevoli e in grado di trasmettere regole sane e autorevoli soprattutto nel campo del digitale.Genitori non sono più gli influencer dei propri figli. Ma il punto è: “chi deve ed è in grado di svolgere questo arduo e faticoso compito?”.
Genitori autorevoli e deriva sociale
Risponde la Dott.ssa Maura Manca:“Stiamo affrontando una fase storica in cui si deve prendere coscienza della deriva sociale, familiare e individuale.Partiamo anche dal presupposto di base che troppi bambini non sanno più cosa significhi saltare, ridere e giocare, fare capriole, correre dietro a un aquilone, impiastrarsi di fango, sporcarsi i vestiti, sbucciarsi le ginocchia e fantasticare di volare come un aeroplano correndo a braccia aperte contro il vento. Sembra non sappiano neanche più parlare.Non ho mai visto tanti ritardi nello sviluppo del linguaggio come in questi ultimi anni, insieme a tante diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento.Spesso si tende erroneamente a scaricare la colpa sulla tecnologia, quando, in realtà, il problema non è il mezzo in sé ma il modo in cui esso viene utilizzato”.
Dipendenza da cellulari
Pensiamo all’uso che ormai si fa dello smartphone che è diventato un oggetto accessibile a tutti, che per gli adolescenti rappresenta una protesi della propria identità, tale da non poterne più fare a meno.Sono ormai quasi tutti dotati dei più tecnologici smartphone o tablet, sempre connessi alla rete, che assolvono tutte le funzioni: pc, macchina fotografica, “cuffie” per ascoltare la musica, giochi, social network, chat, e ogni tanto telefonate. I ragazzi sono “smartphone dipendenti”, lo tengono in mano a scuola, a casa, a tavola, durante la notte, ovunque.Anche se non si ha la necessità di utilizzarlo si ha la compulsione di sbloccare la tastiera e di mettere il dito sullo schermo.Viviamo in un’epoca in cui la nostra vita è parte di un ambiente composto da reale e ‘virtuale’ che insieme si fondono, creando un unico luogo in cui ogni giorno interagiamo e costruiamo i nostri mondi e le nostre relazioni.Allora il punto cardine non è quello di imparare uno strumento tecnologico, nel senso strettamente tecnico, anche se questo aspetto non è da trascurare. Ma rivedere il nostro approccio con la tecnologia, cosa sappiamo sulle “regole” che la governano e se e quanto ne siamo dipendenti.Qualche anno fa si parlava di ‘immigrati digitali’ e ‘nativi digitali’. Oggi questa distinzione non ha più senso perché tutti, seppur in misura diversa, nuotiamo nel ‘mare digitale’.Chi pensa che la tecnologia, lo smartphone o il tablet siano uno strumento è un ingenuo. Rappresentano invece un ambiente in cui viviamo e ci relazioniamo tutti i giorni .I nostri figli vivono nel loro ambiente virtuale che costruiscono e cambiano quotidianamente; fanno amicizie, creano la loro identità digitale giorno dopo giorno e costruiscono la loro reputazione online riempiendo le bacheche dei loro social preferiti (il loro mondo, appunto).Concediamo poco tempo ai nostri figli e di bassa qualitàNoi adulti, che dovremmo essere un modello da seguire, purtroppo siamo sempre più impegnati nel costruire relazioni sul nostro social invece di concedere del tempo ai nostri figli.Come genitori e adulti siamo dei falliti; abbiamo dimenticato il nostro ruolo, l’importanza di essere autorevoli e del fatto che i nostri figli hanno bisogno di noi e di sentirsi anche dire dei ‘no’ogni tanto.Dobbiamo essere più presenti, offrendo loro più tempo di qualità , pronti ad ascoltare e lenti a rispondere. Sono loro stessi a chiederlo!I nostri figli hanno bisogno di essere ascoltati, e non lo sono. Questo spiega il perché per qualunque domanda o dubbio si rivolgono a Google, perché le risposte non arrivano da noi adulti.Ormai solo un ingenuo pensa che il reale è diverso dal virtuale. Questi due ambienti si intersecano e sono sempre più la stessa cosa o l’uno l’estensione dell’altro. Prova lo è il fatto che qualunque azione compiamo nel ‘virtuale’ ha ripercussioni nella nostra vita ‘reale’ e viceversa.Il genitore dunque deve prendere coscienza di tali concetti e partendo da questi costruire la propria consapevolezza del digitale e della rete internet.Imparare le regole fondamentali per utilizzare internet e trasmetterle ai propri figli.Questo non significa imporre delle regole ma condividerle.Questo processo deve iniziare quando i figli sono ancora piccoli e in collaborazione con la scuola, con la quale dovremmo condividere un programma di educazione civica digitale basato sul comportamento ‘non ostile’, sull’uso delle parole gentili e sulla consapevolezza che ciò che si scrive può avere conseguenze sugli altri.
Il bullismo c’è sempre stato. Ma i genitori sono assenti.
Di cosa hanno bisogno i nostri figli?Non commettiamo l’errore di far riferimento al passato, a quando eravamo bambini noi, pensando ad un’epoca migliore rispetto a quella in cui viviamo ora da adulti. Non esiste un passato migliore, e un presente peggiore insieme ad un futuro incerto. Semplicemente viviamo in un periodo diverso.Il bullo c’è sempre stato, come il bambino più estroverso rispetto a quello più timido. C’è sempre stato chi prendeva in giro l’altro più debole facendosi forza anche di un gruppo di sostenitori.Quello che dobbiamo sforzarci di capire è cosa effettivamente è cambiato, perché la società in cui vivono i nostri bambini è diversa e presenta difficoltà di cui noi non abbiamo esperienza.Una differenza sostanziale è rappresentata dalla scomparsa di una scala di valori, che era ben chiara e presente quando noi adulti eravamo bambini perché i nostri genitori avevano ancora il ‘tempo’ e la ‘voglia’ di trasmettercela.Oggi i nostri bambini non sanno che cosa sono valori come empatia, rispetto, educazione, disciplina e amore. Elementi fondamentali per chiunque di noi e per una società sana.Il bambino di tredici/quattordici anni del passato cercava di nascosto di guardare materiale non adatto alla sua età. Oggi i bambini sono bombardati da messaggi, video, pubblicità, musica e film degradanti, che rispecchiano e insegnano una vita priva di valori, violenza, esaltando il bisogno di libertà assoluta.Ed è qui che il genitore deve intervenire.
Genitori e figli in un mondo iperconnesso
Non siamo poi così lontani dai nostri tempi, dal nostro passato. L’educazione rimane l’unico strumento nelle mani del genitore, capace di fare la differenza rispetto a tutto il resto.Sicuramente fare il genitore è più difficile, perché oggi si è sommersi da informazioni spesso fuorvianti, sbagliate o non del tutto vere. Inoltre la vita è diventata più difficile da tutti i punti di vista e si è per tante ragioni anche un po’ più egoisti.Per poter capire e di conseguenza intervenire nella vita dei nostri bambini digitali occorre uno sforzo maggiore, tempo, studio e desiderio di essere il loro punto fermo, il loro faro in mezzo al mare del web.Viviamo in un mondo sempre più iperconnesso e questo ha influenzato non solo la nostra vita, bensì il nostro cervello e il modo in cui proviamo emozioni.
Dipendenza da tecnologia
L’uso errato e poco consapevole della tecnologia ha creato in molti casi ‘dipendenza tecnologica’ e in effetti se ci pensiamo, lo siamo un po tutti dipendenti.’
Lascio ancora la parola al Prof. Tonino Cantelmi che in un suo intervento ha dichiarato quanto segue:
Dipendenza tecnologica, chi è il ‘retomane’ ?
Ma, lo siamo un po tutti. Dobbiamo dire che stiamo viaggiando verso una colossale dipendenza dalla connessione un po tutti immersi nella rete cerchiamo affetti, sesso, amicizia, informazioni a volte in modo davvero eccessivo.
Prima leader dei nostri figli eravamo noi genitori secondo lei oggi è giusto che i leader siano dei coetanei “influencer” sulla rete?
Ma questo è un vero problema. I bambini e gli adolescenti hanno costruito comunità autoreferenziale di cui gli adulti non sanno nulla, anzi c’è da dire che gli adulti sono per i nostri figli inutili, questo è il vero problema.Siamo molto deludenti ma anche inutili e questo è una novità dei nostri tempi.
Ma la tecnologia è uno strumento o è un ambiente?
La tecnologia non è uno strumento, questo lo pensano gli ingenui.La tecnologia è un ambiente che modifica il cervello, che modifica l’aspetto cognitivo, che modifica l’aspetto emotivo, affettivo e persino il modo di relazionarci fra di noi.Ci condiziona profondamente, sta cambiando il mondo.
In questo ambiente come si sviluppano e si creano le relazioni?
Si creano moltissime relazioni caratterizzate da due fattori fondamentali: la velocità, tutto è velocissimo, tutto è consumato rapidamente e un tantino di superficialità in fondo nelle relazioni da connessione. Non siamo veramente interessati all’altro ma piuttosto a soddisfare i nostri bisogni.Insomma una sorta di trionfo dell’ego del narcisismo che in questo momento sembra imperante.
Una sua definizione dell’uomo d’oggi:Più che dell’uomo d’oggi direi del bambino d’oggi.
E’ un bambino autosufficiente che costruisce il sapere in modo indipendente dagli adulti, un bambino molto solo perché paradossalmente tutti gli indici di studio ci indicano che siamo sempre più soli. Un bambino che sarà forse un adulto incapace di guardare negli occhi un altro adulto e incapace di capire i bisogni dell’altro.
Tornare indietro è possibile?
Torna indietro non è possibile. Questo è un processo che dobbiamo governare.Tocca a noi che abbiamo un cervello analogico, siamo in fase di estinzione, governare questo processo è dare ai nostri figli, a questa generazione digitale, il gusto della bellezza e dell’incontro autentico.